Come credo si sia capito da ormai un po’ di tempo, reputo che l’argomento recupero e performance e tutto ciò che ruota intorno ad essi ricopra un ruolo fondamentale in tutti gli sport.
Si potrebbe pensare che il bodybuilding sia una disciplina a sè stante e che non debba seguire metodologie e/o logiche mutuate dagli sport “classici”, come appunto la misurazione dello stato di recupero e della performance. E in parte è vero, nel senso che nel bodybuilding vi è una quantità di lavoro settimanale nettamente inferiore rispetto agli standard agonistici degli altri sport.
Tuttavia, come ho enfatizzato spesso, per ottenere risultati tangibili nel medio-lungo termine, è necessario passare da un miglioramento nelle prestazioni (in termini di variabili allenanti: volume, intensità, densità, ecc), nei diversi schemi motori. Questi incrementi sono frutto di adattamenti che avvengono nel tempo a carico del sistema nervoso e, quindi, dei muscoli e hanno come “miccia” lo stimolo allenante. Vien da sè che se si desidera, quindi, un adattamento (leggere come crescita muscolare) via via maggiore nel tempo, anche lo stimolo, pertanto, deve essere maggiore nel tempo.
Tutto questo comporta stressors sul sistema nervoso che nel tempo tendono ad accumularsi. Sia chiaro che tutto questo discorso è rivolto prettamente all’atleta o all’aspirante tale che mira, appunto, alla massimizzazione della massa muscolare. Il discorso è relativamente meno importante per l’amatore o chi frequenta la sala pesi per il solo scopo di “rimettersi in forma” o star bene; tuttavia ritengo che anche a tale soggetto le informazioni contenute in questo articolo possano essere di aiuto.
Recupero e performance sono sempre due concetti fondamentali nel momento in cui si fa sport, capiamo meglio insieme alcune cose.
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
Prima di addentrarci nel come misurare lo stato di recupero, è indispensabile fare delle premesse. Come accennato, il sistema nervoso si sobbarca gli stress dell’allenamento che, appunto, sono progressivi nel tempo (progressive overload). Ma non solo: a questi si aggiunge anche stress derivante dalle situazioni quotidiane come quelle psicologiche di vario tipo, mancanza di sonno, cattive abitudini quali fumo, ecc.
Questi stressors vanno a peggiorare l’adattabilità del cosiddetto sistema nervoso autonomo (ANS), una parte del sistema nervoso periferico non controllabile (autonomo, appunto) volontariamente e che gestisce diverse funzioni di alcuni organi come cuore, stomaco e intestino. Il sistema nervoso autonomo controlla le funzioni dell’organismo a riposo e le reazioni riflesse.
Ciò che interessa a noi in questo articolo sono le due branche (in realtà ne esiste una terza, che per semplicità non descriverò) di cui è costituito: il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico.
Queste due branche possono essere più o meno attive, a seconda di diverse condizioni, interne o esterne. In linea generale, il sistema simpatico e quello parasimpatico esercitano sui loro bersagli un effetto opposto. In questo modo controllano funzioni come la dilatazione delle pupille, la produzione della saliva e del muco, la frequenza cardiaca, la contrazione dei muscoli dei bronchi, i movimenti di stomaco e intestino, l’accumulo di glicogeno nel fegato, e altre funzioni.
E’ normale che, nella vita di tutti i giorni a seconda di ciò che facciamo, uno dei due sistemi sia predominante sull’altro, con effetti diversi sulle funzioni sopracitate: in situazione di rilassamento e tranquillità, la nostra digestione avrà la sua massima funzionalità, ci sentiremo rilassati, la frequenza cardiaca e il ritmo respiratorio saranno decelerati, e anche la pressione sanguigna sarà più bassa. E’ questo il momento in cui il sistema parasimpatico è maggiormente attivo. Al contrario, in situazioni di forte stress (o di allenamento ad alta intensità), sarà il simpatico a predominare, dilatando fortemente pupille e bronchi, aumentando il rate cardiaco e respiratorio, la gittata cardiaca, la pressione arteriosa e interrompendo la digestione. D’altronde, questo sistema è nato per permettere all’uomo primitivo di far fronte a situazioni di pericolo (lotta o fuggi) e non sarebbe stato particolarmente utile al suo (nostro) corpo continuare la digestione mentre stava per essere divorato da un leone.
MISURARE IL RECUPERO
Con queste brevi (davvero ho cercato di essere il più breve e conciso possibile) premesse, possiamo ora addentrarci nel succo del discorso.
La comunità scientifica concorda sull’utilizzo di un indice, chiamato Variabilità Cardiaca (HRV – Heart Rate Variability). Esso indica la differenza nei tempi di contrazione tra un battito e l’altro, nell’ordine di alcuni millisecondi. Lo studio della Heart Rate Variability consiste nella misura ed analisi della variabilità della frequenza cardiaca, al fine di dedurre alcune importanti informazioni come appunto il bilanciamento dell’attività fra il sistema nervoso simpatico e parasimpatico (bilancio simpato/vagale). Un individuo sano mostra un buon grado di variabilità della frequenza cardiaca, che si traduce in un buon grado di adattabilità psicofisica alle diverse situazioni che si possono presentare.
In una situazione di stress prolungato, derivante appunto dall’accumulo di fatica e stimoli progressivi dati dall’allenamento, ecco che la nostra HRV diminuisce di conseguenza, andando ad aumentare fortemente l’attività generale del nostro sistema simpatico a sfavore di quello parasimpatico. E’ questo il motivo per il quale, quando siamo stressati, avvertiamo quelle fastidiose sensazioni di cuore in gola, palpitazioni, problemi digestivi, stitichezza, ansia, insonnia e così via. Se questa situazione di squilibrio si prolunga nel tempo si rischia la cronicizzazione di questa situazione, che richiede interventi ben più importanti di una semplice “bella dormita”.
L’HRV è misurabile molto semplicemente tramite app (ve ne sono diverse nei vari store degli smartphone, cito le più importanti: HRV4 Training ed Elite HRV), ma esistono anche dei dispositivi indossabili (fasce da polso principalmente: Whoop Band, Biostrap, Oura Ring, alcuni smartwatch più sofisticati).
COME UTILIZZARE QUESTE MISURE PER MIGLIORARE IL RENDIMENTO FISICO NEL LUNGO TERMINE?
Molto semplicemente, ci basterà misurare la nostra HRV al risveglio, ogni mattina, per individuare lo stato, appunto, del nostro sistema nervoso autonomo per capire se, durante il sonno, il parasimpatico ha compensato lo stress andando a bilanciare l’attività della sua controparte. Su queste app sarà semplicemente effettuare la misurazione per qualche giorno e indicheranno tutte la nostra media più recente in modo tale da capire se un determinato giorno ci troviamo in una situazione più o meno favorevole a livello di recupero.
A questo punto basterà individuare lo stato di recupero ogni giorno, con una semplice misurazione di 1 minuto, per sapere se siamo nelle condizioni più favorevoli a battere i nostri personal record in palestra e cercare una progressione importante, piuttosto che mantenere l’allenamento leggero e “facile” a livello di fatica, se non addirittura prendersi un giorno di riposo in più per poter andare a caccia di quei record il giorno successivo.
Questo è il vero significato di recupero, non esiste metodologia più precisa e più affidabile.

COME MIGLIORARE LA NOSTRA CAPACITA’ DI RECUPERO E PERFORMANCE
Molti si chiederanno, ora, come possa essere possibile migliorare le nostre capacità di recuperare per permetterci di fare sempre di più nel tempo. Ebbene, partendo dal presupposto che non esistono pillole magiche (o meglio esistono, e infatti questo articolo non è dedicato a coloro che hanno deciso di passare dalla farmacia piuttosto che dai libri, ndr), è possibile includere alcune pratiche e/o accorgimenti che ci aiutino in tal senso.
Come detto sopra, maggiore sarà l’attività del nostro sistema nervoso parasimpatico a riposo, maggiori saranno le nostre capacità di recupero. Pertanto, dovremo aumentare la nostra cosiddetta Attività Vagale, ovvero stimolare l’attività del nervo (anzi, nervi, sono 2) vago.
Vi sono diversi strumenti per poter far questo, ma in genere ciò che si è visto essere maggiormente efficace è:
- Dormire. Il sonno lungo e qualitativo va a braccetto con un buon sistema parasimpatico. E’ noto a qualunque atleta e allenatore del mondo l’importanza del sonno per il corretto funzionamento di moltissime funzioni del nostro organismo.
- Praticare la meditazione. Può suonare come una cosa molto poco scientifica, ma vi sbagliate: è stato più che ampiamente dimostrato come questa pratica possa aumentare l’attività vagale e avere un impatto diretto sulle nostre capacità di recupero.
- Ridurre la finestra di alimentazione della giornata. Non è necessario praticare il cosiddetto Digiuno Intermittente (anche se in molti casi si è rivelato utile), ma in generale il digiuno aumenta l’attività vagale.
- Shock termico. Effettuare docce fredde da 1-5 minuti o, meglio ancora, bagni freddi (a temperature di circa 10-15°), stimola immediatamente il nervo vago e, di conseguenza, l’attività parasimpatica.
- Passare maggior tempo con amici, svolgere attività sociali e/o hobby.
- Ultimo, ma non per importanza: l’esercizio. Ebbene sì, anche l’esercizio stesso, quando eseguito a intensità minori rispetto alla norma, quando viene percepito come “facile” dal nostro sistema nervoso, invia importanti segnali di feedback a quest’ultimo inducendolo a “rallentare” e che non vi è alcun bisogno di mantenere il motore a mille. Ecco che subentra qui l’importanza di includere una fase di DELOAD nella nostra programmazione a lungo termine.
CONCLUSIONI
Credo che se sei arrivato fino a qui avrai capito da te quanto sia importante nello sport, e quindi anche in ambito bodybuilding e fitness in generale, adattare il proprio sforzo (non solo di allenamento ma anche, per quanto possibile, gli impegni quotidiani) ai propri livelli di recupero e cercare di favorire quest’ultimo se il nostro scopo è massimizzare la resa del nostro corpo ed il suo buon funzionamento nel lungo termine. D’altronde, il bodybuilding è uno sport che va poco d’accordo con le parole “tutto e subito”. Come già detto in altra sede, è una maratona, non uno sprint.
Tenere questi concetti a mente potrebbe risparmiarti lunghi periodi di stop forzato e/o inutile stress eccessivo con tutti i problemi che esso si porta dietro.
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ISSA Personal Fitness Trainer & FIPL Strength Coach
Body recomposition specialist
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